I pescatori non vanno al largo: 800 euro di spesa al giorno per il caro gasolio. La protesta

I pescatori protestano contro il caro gasolio e non vanno al largo. Si guadagna di più con le imbarcazioni ferme al porto. Ogni giorno, infatti, la spesa è di 800 euro. Una cifra monstre che non permette ai pescatori di lavorare in modo decente e li sottomette al peso dei rincari. In Puglia, così come nelle altre marinerie d’Italia, il comparto è interamente in ginocchio e la vivace protesta arriverà anche a Roma. Ovviamente quando accade al settore avrebbe ripercussioni anche nelle pescherie e quindi sui consumatori.

La protesta dei pescatori

Da via Garibaldi alla zona industriale, con una protesta che proseguirà a oltranza e con un tavolo previsto per venerdì 3 giugno alla quale dovrebbero presenziare anche sindacati, associazioni di categoria, parlamentari e candidati sindaci. L’obiettivo è quello di un intervento nazionale che permetta al settore di respirare e di riottenere i guadagni e frenare la perdita costante, salvando il settore e una parte dell’economia nostrana.

Caro gasolio: da 400 a 800 euro di carburante al giorno

A Taranto sono coinvolte più di cento barche, con cinquecento famiglie in difficoltà. In soli 7 mesi il carburante ha registrato un aumento esponenziale, passando da 0,30 euro al litro fino a 1,08 euro al litro e punte massime di 1,30 euro. Con un fabbisogno di circa 800 litri giornalieri, il costo del gasolio quotidiano varia da 400 a 800 euro. Cifre per le quali è impossibile continuare, tant’è che Emilio Palumbo, di Agci Pesca Taranto, parla di “attività diventata impraticabile dal punto di vista economico” e di “emergenza strutturale”. Le proposte del governo finora formulate non sono state apprezzate: “Attendere il credito d’imposta, com’è stato proposto, significa dare il colpo di grazia”.

Una mano al settore l’allunga Rosa D’Amato di Greens e della Commissione Pesca Ue: “La Commissione europea ha raccomandato gli Stati membri di arrivare a una tassazione sugli extraprofitti delle compagnie petrolifere fino al 25%. Proventi che potrebbero essere riversati sul comparto della pesca in sofferenza: adesso tocca al governo”.

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