Ex Ilva Taranto: risanamento con la tecnologia

TARANTO – Per risanare l’ex Ilva di Taranto si può benissimo fare affidamento alla tecnologia come spiega il consiglio Nazionale di Federcontribuenti che affida le importanti parole a Cosimo Lucaselli, attuale presidente su scala Nazionale. La strada maestra sono le cosiddette collinette ecologiche inoltre fa sapere.

Ex Ilva Taranto: il comunicato di Federcontribuenti

“È giunto il momento di dire basta alle tante diatribe che in questi anni hanno afflitto il nostro territorio sulla riqualificazione ambientale dell’area siderurgica di Taranto; diatribe che si perseguono anche nelle aule giudiziarie, vedi ultimo il sequestro da parte del TAR di Lecce sul fermo degli impianti nell’acciaieria ex Ilva di Taranto. Di recente i Commissari straordinari hanno chiesto il dissequestro degli impianti, ragion per cui dovrebbe consentire alla partecipata dello Stato Invitalia ad acquisire la maggioranza delle azioni. Basta poco per convincere le autorità giudiziarie e la stessa opinione pubblica che la volontà c’è per cambiare rotta.”

“In questi giorni sto prospettando agli amministratori e alle autorità politiche, su mandato della FMP Srl (start up innovativa del Polo Tecnologico di Pordenone), azienda proprietaria di un rivoluzionario brevetto sviluppato in collaborazione con i tre Istituti del CNR di Roma (Consiglio Nazionale di Ricerca); IRSA (Istituto di Ricerca sulle acque); ISMI (istituto di struttura della Materia); IGAG (Istituto di Geologia e Ambientale e Geo ingegneria); coordinati dal prof. Girolamo Belardi, un piano di riqualificazione ambientale per l’inertizzazione delle scorie derivanti dai processi produttivi di Acciaierie d’italia. Gli studi hanno dimostrato scientificamente la durabilità ed efficacia della ricopertura della scoria in ambito ambientale, nel recupero dei parchi scoria, anche in presenza di pesanti situazioni di tipo inquinati”. Le parole di Cosimo Lucaselli del Consiglio Nazionale di Federcontribuenti, affidate a una nota.

Le possibilità per il territorio

Poi proprio egli stesso inoltre ci tiene a precisare e sottolineare che l’Ilva “offre al nostro territorio una grande possibilità di riscatto ambientale; uno strumento di riqualificazione ambientale molto importante che richiede un investimento marginale, rispetto agli attuali sistemi, dove le istituzioni trovano difficoltà ad affrontare per gli elevati costi. Uno strumento brevettuale che azzera totalmente i costi dell’attuale sistema; permettendo di entrare in una economia circolare che garantisce, utilità di riciclo, sostenibilità ambientale e occupazionale“. Lucaselli poi spiega che le acciaierie negli ultimi anni “hanno stoccato davvero tantissimi milioni di tonnellate di scorie all’interno del perimetro industriale in cui opera l’azienda con l’effetto di una costante diffusione nell’aria di polveri, e nel terreno, percolazione a seguito di piogge che hanno portato, assieme alle altre componenti di rilascio in lavorazione, fumi, polveri e gas, e all’attuale stato di degrado dell’intero comparto esteso per chilometri attorno al sito produttivo. Recentemente le colline che si affacciano sul rione Tamburi formate da scorie, accumulate nei decenni, sono state ricoperte di teli di iuta che in parte limitano la dispersione nell’aria di polveri con rilascio anche a decine di chilometri di distanza”.

Le conclusioni

“Oggi – conclude il rappresentante di Federcontribuenti – grazie all’innovativa tecnologia che proponiamo, inertizzando le collinette “cosidette ecologiche” che separano il rione Tamburi dal centro siderurgico, nonché tutte le aree interessate alle bonifiche, si può mettere fine a questo scempio ecologico che le scorie producono; sempre che, ci sia la volontà da parte delle istituzioni interessate”.

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