Pri Taranto: “il futuro è nelle nostre mani”

TARANTO – Il Partito Repubblicano Italiano di Taranto commenta questa fase politica appena iniziato il 2022 attraverso una nota diffusa alla stampa. A prendere la parola è Alessandro De Stefano che è l’attuale segretario della compagine politica. Ecco le sue parole.

Partito Repubblicano Italiano Taranto, pianificare il futuro

“Appena il tempo di archiviare il 2021 tra fuochi di artificio, spumante e auguri di vario genere ed è già arrivato il momento di pianificare il 2022. Taranto parte svantaggiata in questo inizio anno, è il caso di ricordarcelo, perché un capoluogo commissariato, per forza di cose, non ha la stessa incisività di uno che commissariato non è. Non è un caso se l’11 Novembre scorso Mario Draghi, immaginando enti locali responsabili, cominciava il discorso all’ ANCI così: “Oggi si apre una nuova fase per l’Italia e per i suoi quasi 8.000 Comuni. Un’occasione di sviluppo, progettazione, idee, che dobbiamo essere pronti a cogliere per i nostri cittadini e per le generazioni future”.

“Eppure cinque giorni dopo, con un tempismo fantozziano, la terza città più grande del meridione si privava della sua amministrazione, rendendola più debole di quanto già non fosse. Già perché Taranto è una città indebolita da tanto tempo, malata nei suoi organi vitali, mutilata di tutto quello che è necessario per uscire fuori dalla terapia intensiva dove è ricoverata, anche questo va ricordato, dai tempi del dissesto e dalla letargia decennale dell’amministrazione Stéfano.”

Le critiche

“Parliamoci chiaro, non potremo fare mai il salto di qualità che immaginiamo di fare se non cambia e per sempre, la modalità con cui decidiamo di eleggere i nostri rappresentanti, i quali spesso sono persone che vivono solo grazie al Comune e non semplicemente nel comune. Personaggi, spesso senz’arte né parte, ma molto bravi ad utilizzare i social network per veicolare messaggi banali e spesso illusori. Uomini o donne privi di un disegno politico di ampio respiro, culturalmente mediocri e limitati nella sensibilità, ma abili nel far passare per qualcosa di straordinario, ciò che dovrebbe essere la normale amministrazione di una città, come per esempio l’illuminazione, la manutenzione o lo spazzamento delle strade.”

“Uomini o donne il cui unico scopo, è essere ben pagati dalla collettività per mantenere sé stessi incollati alla sedia oppure a più sedie, perché se dovessero occuparsi del bene pubblico gratuitamente non lo farebbero (ed infatti non lo fanno). Gente che nella vita di tutti giorni ha ricoperto o ricopre ruoli marginali (talvolta nemmeno quelli) e che di colpo si trova ad avere la responsabilità di governare uffici, aziende municipalizzate o a gestire progetti o persone. Pertanto, se la città vuole invertire la rotta deve essere capace anche di scegliere i migliori, anzi dovrebbe proprio pretenderli, oltre che selezionarli. Il buon governo di una città e di un territorio si articola su più piani che devono interloquire tra loro. Ci vogliono abili amministratori locali, buoni consiglieri regionali e saggi deputati in Parlamento.”

“Maggioranza e opposizione sfidandosi sulle idee, dovrebbero incontrarsi sul compromesso, il quale non è intrallazzo ma è il senso stesso della politica che, preme ricordare, è saper costruire ponti e non erigere sbarramenti. Se le opinioni sono differenti ognuno va per conto suo ma se si vuole restare uniti, ci si accorda su di una soluzione che, almeno in parte, può essere gradita a tutti. In qualunque Stato democratico la politica è intesa così perché, volendo parafrasare Giovanni Spadolini: “chi è eletto va al governo e non al potere”.”

Cosa non funziona a Taranto

“Nella nostra città invece (come anche nel resto d’ Italia) assistiamo da tempo a qualcosa che è l’opposto della politica: abbiamo l’attacco personale, le grida, gli insulti, il nemico da abbattere, la distruzione di tutte le idee o progetti – semplicemente – per partito preso e poi tanto, troppo odio. Mancando idee latitano anche i programmi e ci si nasconde dietro al fatto di “farli scrivere ai cittadini”, ma con quali competenze non si sa. Come in un film di Cetto Laqualunque, in cui il primario del reparto di chirurgia viene scelto perché abile nello sfilettare il pesce, così si sceglie di scrivere un programma politico, quasi fosse un romanzetto da quattro soldi o la lista dei desideri o peggio quella della spesa.”

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“Allo stesso modo si travisano i ruoli di governo di una città, si confonde la cultura con lo spettacolo, si confonde l’amministrazione con l’esibizione. Esibizione di sorrisi, di slogan, di sogni spesso non realizzabili ma di sicuro effetto per l’immancabile pagina di facebook. Insomma, così è impossibile crescere, anzi si fanno solo passi indietro, come ben riportato dal Professor Sabino Cassese nel libro “ Una volta il futuro era migliore”. Dobbiamo poter riconoscere che “l’ uno vale uno” con cui abbiamo eletto ministri del calibro di Toninelli e Azzolina ma anche deputati, consiglieri comunali e regionali non è stato un esempio di democrazia ma al contrario è stato un simbolo di idiozia.”

“E per la stessa ragione di cui sopra, immagino che, nessuno di noi si farebbe mai operare da un commercialista o farebbe progettare gli impianti della propria abitazione da un medico. In sostanza ci vuole preparazione per poter pensare di accreditarsi per certi ruoli altrimenti gli effetti possono essere devastanti per la comunità. In democrazia, e ce lo ricorda Russeau, il compito del popolo è scegliere da chi voler essere rappresentato, ovviamente si dovrebbe scegliere chi ha delle competenze, dopodiché sono i rappresentanti che decidono, anche perché sono qualificati, selezionati ed eletti per farlo. Oggi accade il contrario, si viene eletti senza alcuna esperienza e senza particolari idee ma si cerca, attraverso una politica di consenso e di clientela, di rimanere al potere il più a lungo possibile.”

Il futuro nelle prossime amministrative

“Inoltre cercare il consenso significa provocare un cortocircuito in cui, per non essere impopolari, si rinuncia a prendere delle decisioni, oppure se ne fanno altre palesemente errate. La transizione economica necessita di una transizione politica, ha scritto recentemente l’Architetto Lomartire, e credo che questo sia il punto di partenza, che quella parte produttiva e laboriosa della nostra città, dovrebbe pretendere. La sfida per il nostro futuro, passa da questa presa di coscienza. Impone una visione differente e chiama, soprattutto, alla scelta di politici capaci, sapendo che in politica non ci si improvvisa mai.”

“Credo che ognuno di noi voglia una Taranto che sia terra di opportunità, dove sia un dono nascere e dove sia dolce invecchiare. Ma per volere un futuro diverso, occorre scegliere un presente diverso e occorre capire che tutto e subito non esiste. Il famoso detto elisabettiano riporta, con ragione, che “Roma non fu costruita in un giorno” ed oggi possiamo estenderlo ai successi delle vicine Bari ( di cui ci sentiamo sudditi), Lecce o Matera. Le prossime ammnistrative ( e le politiche che a ruota seguiranno) disegneranno il nostro futuro, pertanto, ricordiamoci quando andremo a votare, che “un popolo che elegge corrotti o impostori non è vittima ma è complice”.

“Quello che dovremo chiederci tra alcuni mesi è se vogliamo continuare a risalire la china per tentare di crescere, se pur con mille errori ma comunque con una progettualità o se vorremo fare un salto nel buio seguendo l’ennesimo pifferaio magico. Dipenderà solo da noi, perché il futuro di Taranto è per davvero nelle nostre mani ma occorre che gran parte della città si svegli dal torpore e pretenda di essere ben rappresentata in tutte le sedi.”

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