Questa mattina, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di undici indagati, su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica di Lecce, in coordinamento con la Procura di Taranto. L’operazione, denominata “ARGAN”, segue un’articolata attività investigativa avviata nell’ottobre 2023 e conclusasi nel settembre 2025.
Attività illecita dettagliatamente pianificata
Le indagini hanno rivelato un sistema di estorsioni perpetrate da un gruppo criminale nei confronti di imprenditori della provincia di Taranto, costretti a pagare somme ingenti, talvolta con cadenza periodica. Le richieste estorsive erano spesso anticipate da atti intimidatori, inclusi incendi di autovetture. I soggetti coinvolti effettuavano accurati sopralluoghi prima di eseguire le proprie azioni, prendendo nota delle abitudini delle vittime e dell’eventuale presenza di sistemi di videosorveglianza.
Il ruolo del boss in carcere
Al centro delle indagini vi è un uomo di 54 anni, con numerosi precedenti penali e attualmente in custodia, che avrebbe continuato a dirigere le operazioni del gruppo nonostante la sua detenzione. Attraverso una rete di collaboratori fidati, il boss manteneva contatti regolari con il mondo esterno, impartendo ordini e ricevendo informazioni critiche. Le intercettazioni hanno evidenziato il clima di paura tra le vittime, che lo definivano “un uomo d’onore”.
Le intimidazioni e le minacce
Un episodio emblematico ha visto uno degli indagati esplodere colpi di pistola dopo un banale incidente stradale per intimidire il conducente dell’altro veicolo, scoraggiandolo dal contattare le autorità. Le minacce erano frequenti e mirate a garantire il completo assoggettamento delle vittime, inclusi tentativi di condizionare le testimonianze in sede processuale.
Un anello debole: l’esercizio abusivo della professione
Tra gli indagati figura anche una 35enne di Pulsano, accusata di esercizio abusivo della professione forense, in quanto si era presentata come avvocato senza avere mai ottenuto l’abilitazione. La donna, attivamente coinvolta nella difesa di uno degli accelanti, ha persino creato comunicazioni clandestine per trasferire informazioni dal suo assistito all’esterno dell’istituto penitenziario.
La risposta delle forze dell’ordine
L’operazione ha visto il coinvolgimento di diverse compagnie e squadre specializzate, che hanno lavorato in sinergia per portare alla luce una realtà criminale radicata nel territorio. Durante le perquisizioni, sono stati rinvenuti elementi utili per l’accertamento delle responsabilità penali, il cui esito sarà determinato in sede processuale, dove il rispetto del principio del contraddittorio è garantito.
Le misure cautelari eseguite oggi rappresentano una tappa significativa nella lotta contro la criminalità organizzata in un’area già profondamente colpita da attività estorsive e mafiose.
