Nichi Vendola contro tutta la politica pugliese

Nichi Vendola ha recentemente rilasciato una intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno in cui spiega il modo in cui vede attualmente la politica pugliese. L’ex presidente di regione non le manda certamente a dire e conferma che si vive nell’immobilismo oltre che in una situazione di stallo.

Nichi Vendola, le parole

«Patria è una parola pericolosa quando serve a mascherare di retorica l’ideologia nazionalista, quando evoca la militarizzazione di una nazione, quando coltiva i miti della stirpe, della terra e del sangue. Quando diventa l’apologia di un primato nazionale. Per questo io amo declinare al plurale la parola patria, per porre subito il tema della convivenza tra diversi, per non perdere la memoria attiva degli orrori perpetrati nel nome della patria, per non dimenticare mai che oltre il confine della mia vita ci sono gli altri con le loro vite: non sono sagome di cartone, non sono ologrammi, sono popoli e persone, sono i mille colori dell’umanità».

Siamo nel regresso

«Siamo dentro una fase che Pasolini definirebbe “regresso”. La precarietà minaccia il presente e il futuro dei giovani. La società è frammentata, lo spirito pubblico è un caleidoscopio di risentimenti e frustrazioni, la democrazia è in caduta libera. Siamo dinanzi a un varco stretto, eccezionale e drammatico. Il rischio della catastrofe ecologica, gli effetti durevoli della crisi economica, l’emergenza Covid, la crisi energetica, i venti di guerra sulla nostra testa: ecco, dinanzi ad uno scenario così inquietante colpisce l’afasia della politica, il suo affrontare qualunque complicatissimo dossier con slogan e battute di giornata, il suo rumoroso avvitarsi su se stessa. Una politica senza racconto, senza orizzonte, priva di un pensiero autonomo. Invece penso che occorrano parole di verità e di radicalità. In questo il teatro è uno strumento cruciale di cura delle parole. Per questo scrivo e vado in scena».

Il rapporto col giornalismo

«Il giornalismo ce l’ho nel sangue. Da ragazzino ho co-fondato e diretto almeno un paio di giornali. Si andava in una tipografia a Palo del Colle a stampare quei fogli profumatissimi d’inchiostro, mi capitava di dover dettare al momento articoli indispensabili per coprire buchi nella pagina. Poi tante esperienze indimenticabili: Rinascita, Liberazione, più i tanti quotidiani e riviste su cui ho scritto, sono stati e sono per me i luoghi per non smettere mai di imparare, di imparare raccontando. Invece l’antimafia è stata una missione a cui mi sono dedicato anima e corpo per un ventennio: era stata la strage di Capaci a segnare la mia vicenda parlamentare. Ero con mio padre quando giunsero le prime notizie e poi le prime immagini di quella carneficina, ci abbracciammo e piangemmo, e quel giorno giurai che avrei fatto la mia parte contro la pervasività, anche in Puglia, dei clan. E infine la politica. La politica la faccio sempre, dicendo ciò che penso, ascoltando, leggendo, ponendo domande. Anche se, lo confesso, più invecchio più mi manca quel luogo di educazione civile che furono i partiti di massa e il mio Pci».

«A Emiliano non manca il gusto dei “colpi di teatro”. Certo, con Palese siamo ad una rottura simbolica forte, più forte della nomina di Simone di Cagno Abbrescia al vertice di Aqp. Ma è una scelta che conferma uno stile di governo. Di cosa si meraviglia il Pd? Mi stupisce lo stupore di chi oggi scopre l’audacia del Governatore. E ieri? e avantieri? E perché la politica fibrilla sempre e solo sulle poltrone? La verità è che Emiliano surroga il vuoto di iniziativa politica dei partiti, lo fa esercitando con pienezza i poteri di un presidente eletto dal popolo, muovendosi come un anguilla nella crisi del sistema politico, seguendo un suo schema che in alcuni casi anticipa tendenze generali: penso all’apertura del processo che ha consentito ai grillini di entrare nel governo regionale, penso proprio al reclutamento clamoroso di Palese che sembra preludere a un interesse verso Forza Italia, con cui il Pd starebbe sperimentando ibride e direi inguardabili coalizioni elettorali, in Puglia come in Sicilia. Non so se riesco a essere chiaro: penso che il problema non sia il “campo larghissimo” del Governatore pugliese, ma che sia il camposanto della politica pugliese, un deserto di dibattito sulle cose reali, un vivere alla giornata, una scarsità di approfondimento, con una dialettica politica ridotta solo a propaganda. Per questo è un bene che si esca dal teatrino delle ritorsioni polemiche. Condivido la proposta di Sinistra Italiana: si apra un confronto pubblico sul futuro della Puglia, si compia una verifica collettiva e alla luce del sole del programma di governo».

Vendola parla del governare

«Governare è l’azione politica per eccellenza: nel governare io non conosco scelte tecniche, ma solo scelte politiche. I tecnici che fanno i politici sono politici che si travestono da tecnici per non dover giustificare le proprie scelte politiche. Onestamente penso che anche Palese sia rimasto molto colpito dal clamoroso schianto, dinanzi all’emergenza della pandemia, dello scintillante modello della “sanità lombarda“, che era un riferimento forte per la destra in tutta Italia. Immagino che Palese sposi oggi le idee del programma del centrosinistra, altrimenti non credo che avrebbe accettato l’incarico. È urgente rafforzare e qualificare la rete dei servizi territoriali, completare la riconversione degli ospedali chiusi in case di cura e poliambulatori, completare la rete dei nuovi ospedali, implementare le pratiche di medicina della prevenzione anche mediante la telemedicina, irrobustire la rete delle cure oncologiche e delle malattie rare. Ho fatto un elenco assai succinto, ma credo che sia sufficiente a indicare una direzione. È molto più di un rischio. Mezza Italia si sente estranea alla politica che c’è, si sente espulsa. Si è fermato l’ascensore sociale e la politica appare impotente. Col Covid i ricchi decuplicano le ricchezze e il resto mancia. Il resto è nella protesta degli studenti contro l’obbrobrio dell’alternanza scuola lavoro e contro un modello sociale che li vuole precari e iper-competitivi. Il resto è nella crisi sociale, nell’impoverimento, nelle vecchie e nuove povertà che assediano le città, nelle troppe solitudini a cui la politica non sa che dire».

Parole anche per Cassano

«Io ho amato la grazia con cui Cassano ha combattuto la sua battaglia, quella della “buona cittadinanza”, della lotta politica fondata sulla partecipazione e sulla conoscenza, sul confronto ideale e culturale, sulla promozione dell’interesse pubblico e dei beni comuni. Lo ha fatto raccontando un Sud resiliente, com’era quello di don Tonino Bello, un luogo che non deve ambire ad essere una fotocopia del Nord, che può liberarsi dalla cappa degli stereotipi e dei pregiudizi, che deve imparare a pensarsi come cuore pulsante del Mediterraneo. Il nostro Sud, fiero dei suoi doni e della sua bellezza, una terra di luce e di “pensieri meridiani”: di questo Cassano ci ha parlato, restituendoci un meridionalismo molto segnato da una dimensione etico-antropologica. Nei momenti che hanno preceduto la mia vittoria contro Fitto, nei tanti appassionati confronti sul futuro della Puglia, Cassano fu per me una specie di “padre spirituale”. La sua mitezza, la sua passione, la sua inquietudine sono sempre stati, per me e per tantissimi, un riferimento anche morale e oggi sono una grande nostalgia».

LEGGI ANCHE – Ex Ilva: condanne pesanti per fratelli Riva e Nichi Vendola

«La sinistra prima che il diritto direi che ha il dovere di andare davanti alla Bosch e davanti ai cancelli di tutte le crisi industriali che in diverse parti della Puglia stanno spaventando tante famiglie. La riconversione industriale non devono pagarla i lavoratori. Direi che la giustizia sociale è la sorella gemella della giustizia ambientale. Sono molto colpito dal protagonismo in Puglia del mio partito, Sinistra Italiana, che si sta radicando nei territori e nell’azione di governo. Per una forza piccola e povera, è importante imparare a stare con un piede nelle istituzioni e con l’altro fuori: e fuori c’è il mondo. Nello stesso tempo apprezzo molto il contributo originale e ricco che “La giusta causa”, con la passione limpida e sanguigna di Michele Laforgia, porta alla politica pugliese e al centrosinistra. Le diverse esperienze e le tante sigle della sinistra hanno il dovere di lavorare per unire le forze».

Infine un duro attacco

«Molti hanno la passione del potere e la politica la vivono come un surrogato della felicità, come una droga: sudano di potere, cercano l’overdose di potere. Altri hanno la passione per la giustizia e lottano per i diritti umani e sociali del mondo del sottosuolo. Ci sono passioni tristi, tutte concentrate sulla carriera come arrembaggio sociale, come scalata, come cumulo di privilegi e di potere. Ma ci sono anche passioni gioiose, che mettono al centro il pronome “noi”, che invocano l’ascolto, l’incontro, la convivialità tra le persone, tra le diversità, tra le culture, tra le fedi. Mio figlio è ricchissimo di passioni allegre, ama imparare, ama stare con gli altri, ha uno spiccato senso della bellezza del vivente, dei fiori o degli animali. Sono sicuro che saprà essere una persona libera e generosa».

POTREBBE INTERESSARTI
Cambia impostazioni privacy